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Il Metodo Bates è una pratica che permette di sperimentare naturalmente un nuovo modo di vedere quando siano presenti dei difetti visivi o apprendere delle abitudini utili a mantenere nel tempo un sistema visivo efficiente, anche tenendo conto dell’aspetto mentale del processo visivo. L’oftalmologo americano W. H. Bates, da cui questo Metodo trae il suo nome, aveva infatti osservato che alla base di ogni difetto visivo vi è una tensione mentale che determina uno sforzo, il più delle volte inconsapevole, di vedere, senza dimenticare le cattive abitudini che influenzano il nostro sistema visivo: battere poco le palpebre, limitare i movimenti, respirare poco ed essere inclini alla rigidità solo per fare alcuni esempi. Le pratiche ideate da Bates per affrontare i vizi di rifrazione si ispirano a principi salutari per il sistema visivo e sono il rilassamento, il movimento, la centralizzazione e la memoria-immaginazione.
Il movimento: un sistema visivo sano ha degli occhi che naturalmente si muovono in continuazione anche se impercettibilmente; il limitare o, peggio bloccare, tale naturale movimento fondamentale per una percezione visiva nitida è dovuto ad una tensione da sforzo inconsapevole che,a sua volta, è la manifestazione di una rigidità che coinvolge anche le emozioni, il pensiero e le abitudini.
Il rilassamento: perché gli occhi possano muoversi è necessario che siano rilassati; il rilassamento è da intendersi non come un “riposare la vista”, ma come un rilassamento dinamico cioè un’assenza di tensione durante l’azione di vedere.
La centralizzazione: per una fatto anatomico, gli occhi sani sono in grado di ottenere la massima nitidezza possibile nella parte centrale della retina (è la cosiddetta fovea); il Metodo Bates ci insegna allora ad utilizzare i nostri occhi in modo efficiente, coordinando l’utilizzo della visione periferica e di quella centralizzata.
L’ultimo principio del Metodo Bates è l’immaginazione: quando la persona è in grado di vedere bene significa che anche la sua mente lo è e sta svolgendo correttamente una serie di operazioni che coinvolgono l’immaginazione e la memoria.
Quest'ultimo aspetto ci dice che il Metodo Bates non è solo una “ginnastica per gli occhi” e praticarlo significa prima di tutto educare il nostro sistema visivo a lavorare secondo uno schema, anche mentale, prendendo in esame anche quelle abitudini non strettamente connesse alla vista, ma che esercitano su di essa un’influenza.
É anche da ricordare che il Metodo Bates non è una pratica medica, ma un insieme di pratiche naturali volte a ripristinare le corrette abitudini visive in assenza di tensioni e sforzi. Non promette guarigioni miracolose, né propone protocolli curativi poiché questi sono di esclusiva competenza medica.
Il Metodo Bates suggerisce, a chi ne fosse interessato, quale è l'approccio, soprattutto mentale, alla percezione visiva. Se hai dei dubbi su questa pratica esponili all’educatore visivo, oppure semplicemente non seguirla.
L’Educatore Visivo che applica il Metodo Bates è un professionista che aiuta le persone a prendersi cura dei propri occhi in modo naturale, proponendo delle attività che stimolano tutte le abilità del sistema visivo anche attraverso il cambiamento consapevole delle abitudini visive. Non è un medico, ma collabora con lui e con altre figure professionali senza sostituirsi ad esse.
In Italia il Metodo Bates viene promosso dall’AIEV, cioè l’Associazione Italiana per l’Educazione Visiva, fondata da coloro che primi lo hanno introdotto in Italia. Nell’ambito dell’AIEV vengono svolte durante tutto l’anno varie attività (seminari pratici, incontri di formazioni, vacanze di gruppo...) che hanno come scopo la promozione della pratica del Metodo Bates e del prendersi cura in modo naturale dei propri occhi.
Il computer è uno strumento alla base di quasi tutte le attività della società moderna. Se da un lato esso ci agevola con le innumerevoli possibilità che offre in termini di potenza di calcolo, capacità di archiviazione e versatilità funzionale, dall’altro presenta numerosi aspetti negativi legati soprattutto allo sforzo a cui sottopongono il sistema visivo. Ciò è ancora più rilevante se si considera che la tendenza dominante è quella di avere un ufficio “senza più carta”, cioè la nostra società ha raggiunto un livello di dipendenza tale dagli strumenti tecnologici (non solo il computer, ma anche smartphone e tablet), che la maggior parte dei lavori richiede l’utilizzo del computer e per un periodo prolungato della nostra giornata lavorativa. I nostri occhi sono stimolati da quando ci svegliamo a quando ci addormentiamo: sono la nostra finestra più diretta sul mondo esterno e ci permettono di ricevere una serie di informazioni fondamentali per la nostra vita: sono informazioni temporali ( capire se è giorno o notte), spaziali (dove siamo nello spazio), cromatiche (distinguere i colori, ad esempio un frutto maturo da uno acerbo), comunicative (apprendere attraverso la lettura o dirigere la nostra comunicazione attraverso la scrittura e il disegno).
A queste attività si aggiunge lo stress derivante dall’utilizzo per un periodo prolungato nel tempo di strumenti che impongono ai nostri occhi di comportarsi contrariamente alla loro natura, senza dimenticare che esso non si esaurisce con la fine della giornata lavorativa: pensiamo ad esempio a tutte le volte che utilizziamo il telefono cellulare, la televisione e lo stesso computer anche quando torniamo a casa, magari dopo otto ore trascorse in ufficio davanti allo schermo del computer. Per fare un esempio basti pensare che i nostri occhi sono progettati dalla Natura per adattarsi a distanze sempre diverse e a diverse intensità di luce, gli occhi inoltre hanno una naturale propensione al movimento (movimenti saccadici) e la necessità di mantenere un equilibrio tra visione centralizzata e periferica; tutto il contrario di quanto accade mentre si lavora al PC, quando gli occhi restano fissi per molto tempo guardando sempre alla stessa distanza, con la stessa intesità luminosa e utilizzando in modo preponderante la vista centrallizzata a scapito delle periferia. Apprendere delle tecniche per rilassare gli occhi diventa un’occasione per migliorare la propria qualità della vita sul luogo di lavoro e durante la propria vita quotidiana, anche prendendo consapevolezza delle nostre abitudini e valutare di cambiarle.
Qualsiasi attività sportiva comporta un processo di ricerca visiva che prevede l'utilizzo della visione per ottenere informazioni di carattere spazio – temporale per sapere quali movimenti fare e come farli. Ad esempio nel calcio in ogni istante ciascun giocatore dovrà sapere dove lui si trova nel campo da gioco, dove sono i suoi compagni e i suoi avversari; inoltre dovrà conoscere la posizione della palla rispetto a dove si trova lui e rispetto ai suoi compagni e ai suoi avversari. Puoi facilmente comprendere come raccogliere tutte queste informazioni attivi una molteplicità di abilità visive che possono essere esercitate anche attraverso la pratica del Metodo Bates e alcune sue evoluzioni: la visione centralizzata, la visione periferica, la visione lontano e vicino, la valutazione delle velocità e delle distanze, la capacità di dirigere l’attenzione su un bersaglio seguendolo e la coordinazione occhio – corpo. In quegli sport che comportano l’utilizzo di uno strumento, ad esempio una racchetta, la coordinazione occhio – corpo diventa ancora più cruciale. La pratica del Metodo Bates permette di fare ci&orrave anche ponendo l’accento su concetti che nel sentire comune sono estranei alla pratica sportiva come, ad esempio, il rilassamento e la possibilità di raggiungere un risultato positivo attraverso di esso.
Da giocatore di tennistavolo ho sperimentato personalmente gli effetti positivi sulle mie abilità visive dopo una settimana di pratica intensiva del Metodo Bates durante il periodo in cui ho seguito il corso per Educatore Visivo perché ho potuto toccare con mano le ricadute positive a livello pratico, cioè la consapevolezza di avere una visione più chiara del campo di gioco e una maggiore sicurezza nel controllo della pallina e nell’utilizzo della racchetta.
Questa esperienza ha suscitato l’interesse anche del tennistavolo veneto, tanto da realizzare una piccola collaborazione sperimentale con la Federazione Italiana Tennistavolo Veneto e una società sportiva padovana nell’ambito di un progetto dedicato al settore giovanile.